La tartaruga carta geografica
di GIULIANO SADAR
Forse le avrete viste, le "nuove" tartarughe. Ce
ne sono tante, nei negozi di animali. Il loro nome è
Graptemys kohni, o tartaruga carta geografica. Hanno il carapace
di color marrone scuro, crestato sulla linea mediale, e sul
piastrone inferiore chiaro dei disegni astratti e simmetrici.
Come una carta geografica, appunto. Ma ciò che colpisce
sono gli occhi perfettamente tondi, sbarrati, come terrorizzati.
Mescolate a esse, in acquaterrari spesso sovraffollati dietro
le vetrine, delle tartarughine verdi dai bei disegni gialli
- simili alle tartarughe dalle orecchie rosse, ovvero le Trachemys
scripta elegans, di cui nel 1997 la CEE ha vietato l'importazione.
Cambiano i colori, ma la sostanza non muta. E' un mercato
che fa gola a tanti, quello delle tartarughe d'acqua. Allevatori
nella Louisiana da dove proviene il 95% delle specie, in lobby
con le associazioni di cacciatori e tanti agganci al Congresso.
E poi importatori europei, mediatori, veterinari compiacenti
e negozianti. Tutto legale: il nucleo Cites della Guardia
Forestale (quello che persegue il commercio illegale di specie
protette dalla convenzione mondiale Cites) non può
far nulla per fermare la tratta di queste varietà,
su cui ufficialmente non grava alcuna minaccia di estinzione.
Siamo al paradosso: se qualcuno viene beccato a tenere con
sé una specie minacciata di estinzione senza averla
dichiarata rischia una multa da 15 a 200 milioni e da 3 a
6 mesi di galera. Se uno custodisce animali non inseriti nella
lista Cites delle specie minacciate di estinzione, e li fa
morire per incuria, negligenza, stabulazione insufficiente
o altre ragioni , può essere incriminato secondo la
legge 727 sul maltrattamento di animali, e rischia appena
dai 2 ai 10 milioni di multa. Sempreché il reato di
maltrattamento non venga mutato in "malgoverno"
(legge 672) e allora si rischiano pene pecuniarie ancora più
leggere. In questo squallido mercato, la vicenda delle Graptemys
kohni è esemplare. Se le Trachemys "orecchie rosse",
ora bandite dal commercio, erano animali resistenti, e lo
hanno dimostrato sopravvivendo in Italia nei canali e negli
stagni dove sono state gettate a migliaia da "padroni"
che si erano stufati di tenerle, le Kohni sono una specie
assolutamente inadatta all'allevamento "in casa".
Già minacciate di estinzione negli Stati Uniti stessi,
in perenne fuga dall'avanzare di infrastrutture, canalizzazioni
attività di cattura e caccia; sono animali timidissimi,
delicati, che mal sopportano la cattività. In natura
amano per lo più nuotare sott'acqua e nascondersi nella
folta vegetazione, e di rado si arrischiano a prendere il
sole. Tutte condizioni che un allevamento in cattività
non può dare. Sono molto sensibili all'acqua sporca,
tendono a soffrire infezioni agli occhi, e la loro dieta è
fatta soprattutto di insetti, molluschi, pesci morti. Hanno
quindi bisogno di molto spazio, molto tempo, attenzioni mirate.
L'acquirente medio, ingannato dai bei colori e dalle dimensioni
ridotte delle tartarughine neonate che trova nei negozi, non
ha tempo da perdere. E anche quando l'acquirente ha la buona
volontà di assicurare all'animale condizioni di vita
ragionevoli, spesso non basta. Le kohni, animali a metabolismo
lentissimo come tutti i rettili, possono sviluppare malattie
anche molti mesi dopo averle contratte. Così il tasso
di mortalità dovuto alle condizioni di trasporto, spesso
in condizioni igieniche pessime, ricadrà su chi le
compera. Sono tutti argomenti, questi, che dovrebbero ragionevolmente
portare al divieto del commercio internazionale delle Graptemys
kohni e di tutte le altre specie di tartarughe, siano o no
minacciate di estinzione. E infatti molte associazioni da
anni chiedono il bando di questa tratta insensata. Ma è
un affare lucrativo e le lobby che lo sostiene sono potentissime,
da questa parte e dall'altra dell'Atlantico. Il denaro ha
sempre lo stesso valore. Anche quando puzza di morte.

Vedi anche: La
truffa delle tartarughe "baby"
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